Il culto di Santa Domenica
La venerazione della martire da parte dei tropeani ha origine in epoca lontanissima in un misto di storia e tradizione popolare. Secondo il testo “Vita di Santa Domenica Vergine, e Martire Cittadina, e Protettrice della Nobile, e Fedelissima Città di Tropea. Descritta in due libri dal P. Antonio Barone della Compagnia di Gesù” (Napoli, 1690), la santa nacque a Tropea nel 287 d.C. da Doroteo e Arsenia molti anni dopo il loro matrimonio: considerata quindi come un dono di Dio venne chiamata Domenica che in latino significa “appartenente al Signore” e venne cresciuta nella fede cristiana. La famiglia subì le persecuzioni di Diocleziano, ed in particolare la giovane fu condannata a subire notevoli supplizi fino al martirio finale inflitto il 6 luglio del 303 d.C. Le sue spoglie mortali sono conservate sotto l’altare maggiore della Concattedrale di Tropea, Città della quale è compatrona con la Madonna di Romania.
Da un piccolo sacello all’imponente cappella barocca
All’interno della Concattedrale era già presente una piccola cappella per la santa quando, nel 1740, per volontà del napoletano Mons. Gennaro Guglielmini (vescovo di Tropea dal 1732 al 1750), venne costruito ex novo uno spazio più consono alla compatrona di Tropea in cui collocare la secentesca statua lignea dipinta e dorata acquistata a Napoli nel secolo precedente e che é tuttora presente sull’altare a lei dedicato. La Cappella di Santa Domenica (oggi del SS. Sacramento), a croce greca e coperta da una cupola con tamburo finestrato, fu eretta ad imitazione di quella del Tesoro di S. Gennaro nel Duomo di Napoli. L’ambizioso progetto fu affidato a Giuseppe Gaetano Grimaldi (1690-1738), pittore tropeano più importante dell’epoca, che ne ha realizzato la decorazione e forse curato anche la parte architettonica. Nell’intera opera sono evidenti le influenze sulla sua formazione, avvenuta per lo più a Napoli tra il 1710 e il 1713, periodo immediatamente successivo alla morte di Luca Giordano, che l’artista dimostra di conoscere e apprezzare e a cui si ispira.
Il ciclo pittorico sul Martirio
Il Grimaldi prende come riferimento proprio il martirio narrato dal Barone: il racconto parte dalla semilunetta di destra posta sull’ingresso per proseguire in senso orario e ritornare infine alla medesima parete con la scena della semilunetta di sinistra. Nella prima é raffigurato il pestaggio subito da parte dei ministri di Massimiano, il quale posizionato in alto e seduto sul trono assiste con sguardo gelido alla scena. Dal punto di vista coloristico spicca la tinta dominante dell’intero ciclo: il brillante rosso carminio dei manti della santa e dell’imperatore. Massimiano parte e lascia Domenica al giudice Ilariano, il quale ordina che la fanciulla sia appesa nuda per i capelli e bruciata: il pittore decide per rispetto di descrivere il momento immediatamente precedente, quando, appena appesa, sta per essere spogliata del manto rosso e arsa viva. Nella terza scena è ritratto il Cristo che durante la notte cura con un balsamo miracoloso le piaghe della giovane stesa sul pavimento della prigione, nella cui oscurità spiccano il rosso della martire, l’azzurro del Cristo e i biondi riccioli dei cherubini al suo seguito. Nella semilunetta seguente Domenica viene condotta al tempio di Giove per sacrificare agli dei, ma si rifiuta, anzi si mette a pregare il Signore scatenando un terremoto che distrugge l’idolo, mentre un furioso Ilariano viene colpito da un fulmine. A quel punto la santa fugge ed inizia a diffondere il Vangelo portando alla conversione molti pagani: qui è ritratta con la croce e il libro sacro mentre predica. Così facendo però attira di nuovo le ire dei persecutori: Apollonio, successore di Ilariano, la fa arrestare e gettare in una fornace ardente, dalla quale però esce illesa. Nella settima semilunetta Domenica viene gettata nel mezzo dell’arena per essere divorata dalle belve feroci, che al contrario si ammansiscono. Si giunge alla condanna alla ruota, una macchina da tortura che però, appena messa in funzione, viene distrutta dall’intervento di Dio. L’epilogo é nella grande opera finale “Il Martirio di Santa Domenica”, posizionata, prima del restauro della Cattedrale (1926-’31), sull’ingresso della cappella in controfacciata, mentre oggi si conserva al Museo Diocesano di Tropea. La tela, terminata, alla morte del Grimaldi, dal nipote Salvatore, è di forma irregolare, concava nella parte inferiore, e presenta nella parte sinistra la scena della decapitazione e nella parte destra, dipinta dal nipote, l’ufficiale romano che impartisce gli ordini al boia.
Protettrice dei tropeani
La santa è altresì presente nella decorazione dei quattro pennacchi della cupola, questa volta nelle vesti di quattro allegorie, ognuna trionfante su un’altra: l’Abbondanza che vince sulla Miseria, la vittoria della Martire sulla Peste, la protezione dalle calamità naturali ed infine il trionfo della Pace sulla Guerra. Anche in questo caso il pittore si ispira al racconto del Barone in cui l’autore riporta le credenze popolari secondo cui la santa protesse la Città di Tropea durante carestie, pestilenze e terremoti.
Santa domenica nel Meridione
Il culto di Santa Domenica è molto diffuso in altre cittadine del Sud d’Italia tra cui Camaldoli (SA) e Scorrano (LE), nel catanzarese e nella provincia di Messina, nei quali viene venerata con festeggiamenti solenni, sia civili che religiosi, nei mesi di luglio e agosto.