Nel cuore del centro storico di Tropea si cela una tradizione millenaria che ancora oggi affascina residenti e visitatori: le maschere apotropaiche.
Questi volti grotteschi e talvolta mostruosi, scolpiti con maestria in pietra o plasmati in terracotta, adornano i portali e i balconi delle abitazioni, testimoniando non solo l’abilità artistica delle maestranze locali, ma anche il profondo legame con le leggende e credenze popolari.
Una tradizione millenaria
Il termine “apotropaico” deriva dal greco antico “apotrepein”, che significa “allontanare”. Queste maschere avevano infatti la funzione di scacciare il malocchio e le influenze negative, proteggendo le abitazioni dagli spiriti maligni. Le loro origini sono antichissime e risalgono a epoche in cui la paura degli spiriti maligni e delle influenze negative era comune in molte culture.
Iconografia e significato
Le maschere apotropaiche di Tropea presentano un’iconografia variegata, spesso richiamando figure antropomorfiche o mitologiche. Satiri e Gòrgoni, figure ricorrenti nella mitologia greca e romana, sono tra le rappresentazioni più comuni. Questi volti erano scolpiti o modellati con caratteristiche volutamente esagerate e spaventose: lingue penzolanti, nasi storti, occhi sporgenti, capelli arruffati e, immancabilmente, corna, simbolo del diavolo.
Le maschere non erano solo deterrenti contro il male, ma rappresentavano anche un richiamo alla ricca tradizione teatrale e religiosa della Magna Grecia. Sulle antefisse dei templi greci e romani, ad esempio, si trovavano spesso raffigurazioni simili, destinate a proteggere gli edifici sacri e a onorare le divinità.
Evoluzione delle maschere
Nel corso dei secoli, l’aspetto e il significato delle maschere apotropaiche hanno subito una certa evoluzione. Gli scavi archeologici in Calabria hanno rivelato l’antichità di questa pratica, mostrando come le maschere fossero parte integrante delle tradizioni locali. Oltre alle maschere, altri simboli scaramantici erano diffusi: ferri di cavallo posizionati a corna, scope inchiodate, e corna di bue, ognuno con la propria funzione protettiva.
Un’antica pratica di origine romana, descritta da Apuleio nelle sue “Metamorfosi”, consisteva nell’inchiodare uccelli, preferibilmente notturni, sugli stipiti delle porte per creare una barriera contro le forze ostili. Sebbene queste tradizioni possano sembrare macabre, riflettono l’intenso desiderio di protezione e sicurezza che caratterizzava le comunità dell’epoca.
Simboli di un’identità culturale
Le maschere apotropaiche di Tropea non sono solo elementi decorativi, ma rappresentano una parte significativa dell’identità culturale della comunità. Ogni maschera racconta una storia, unisce passato e presente, e testimonia la continuità delle credenze popolari attraverso le generazioni. In un portale di un palazzo patrizio del centro storico, ad esempio, è raffigurato il mito dell’uomo preadamita, un’antica tradizione ebraica e cristiana che racconta di uomini con tre occhi, simbolo di conoscenza divina, che persero questo dono cadendo nel peccato.