Il più antico evento del popolo tropeano
che rievoca la cacciata degli arabi, la scoperta della Vera Croce e il trionfo navale della battaglia di Lepanto
Ogni anno in via Umberto I, per i tropeani “u’ Burgu”, rivive il fascino ancestrale dell’epopea della cacciata degli arabi dalla città tirrenica, della scoperta della Vera Croce e della vittoria della Lega Santa a Lepanto con le tre galee tropeane protagoniste: è la festa de “I tri da Cruci”.
L’evento si svolge il 3 maggio, nel mese mariano e nel giorno che simboleggia la Trinità. A preannunciare i festeggiamenti per il “Borgo” e le vie limitrofe vi abbiamo il festante rullo di tamburi, bandierine variopinte, balconi addobbati con drappi e ghirlande floreali e negli ultimi decenni l’aggiunta del “ballo dei giganti” Mata e Grifone. Il rione del “Borgo” era il quartiere dei fabbri e degli artigiani, fino agli anni ’50 del XX secolo era tutto un pullulare di maniscalchi, orafi, tintori, arrotini, conciatori, riparatori di ruote, fabbricatori di strumenti, arnesi e lucchetti.
Si commemora il Trionfo della Santa Croce, legata al fatto che un tempo, all’inizio di via Umberto I, sorgeva una chiesetta dalla forma cilindrica con tre croci. Probabilmente l’architettura richiamava lo stile dell’Anastasis di Gerusalemme. I fedeli per propiziarsi una grazia vi pregavano girando intorno per tre volte. L’edificio fu gravemente danneggiato dal terremoto del 1783 e, dopo un forte temporale crollò definitivamente nel 1875. Alcuni fedeli raccolsero le “Tre Croci” e le collocarono nella vicina chiesa di San Michele Arcangelo. Sul luogo dove sorgeva la chiesetta eressero una piccola edicola votiva.
La festa è ricca di significati e simboli, di riti pagani e cristiani, che la tradizione ha portato sino ai nostri giorni. Durante la giornata del 3 maggio, i bambini del “Borgo” giravano di casa in casa e negli orti vicini alla ricerca di materiale infiammabile per alimentare una grande catasta disposta verso la fine del quartiere. Dopo il tramonto iniziavano i festeggiamenti con fuochi d’artificio, giochi popolari e l’accensione del grande falò. Tali rituali richiamano i riti pagani in onore di Demetra e di Persefone e soprattutto i falò dedicati alla dea Pale, per propiziarsi il cambio di stagione dalla primavera all’estate.
Nei secoli passati, in varie epoche e per lunghi periodi, i pirati arabi e turchi tennero sotto il loro dominio questo territorio, girando per le vie a dorso di cammello e seminando il terrore. I tropeani, in diverse occasioni, riuscirono ad avere la meglio, scacciandoli da Tropea e incendiando le loro navi.
Al comando del colonnello Gaspare Toraldo, ben tre galee tropeane partirono e si distinsero per il loro valore nella battaglia di Lepanto il 7 ottobre 1571. I tropeani, dunque, per celebrare questi avvenimenti, il 3 maggio, giorno in cui si festeggia il Trionfo della Santa Croce, preparano sagome di barche, cariche di fuochi d’artificio, le appendono da un lato all’altro del “Borgo” e durante la festa danno loro fuoco, creando uno spettacolo di luci, colori e scoppi. In questa festa popolare si svolgono i giochi tipici, come la gara dei sacchi, della pasta piccante e delle pignatte. Poi, a fine serata, per schernire l’antico nemico, una sagoma di un cammello fatto di canne, imbottito di fuochi d’artificio, al ritmo frenetico dei tamburi, balla, spara e agonizza.