Operante nella prima metà del Settecento
Giuseppe Gaetano Grimaldi è da considerarsi come il più importante pittore tropeano, che domina la scena artistica locale fino al 1748, anno della sua morte.
La formazione artistica
Grimaldi nasce il 31 agosto del 1690 a Tropea, dove riceve una prima istruzione già finalizzata al sacerdozio; in seguito si trasferisce a Napoli, città nella quale soggiorna tra il 1710 e il 1713 per completare gli studi teologici e dove si forma professionalmente, cosa che traspare in modo evidente dalle sue opere. Il clima artistico della capitale in quegli anni è segnato, dopo la morte di Luca Giordano avvenuta nel 1705, dal delinearsi di «tre orientamenti: il moderatismo composto e classicheggiante non senza echi di spettacolarità barocca (Solimena), l’apertura senza riserve al vortice pittorico di libera inventiva erede della più ariosa tradizione barocca (Domenico Antonio Vaccaro e Giacomo Del Po), il classicismo di derivazione marattesca riformulato alla stregua del luminismo giordanesco (De Matteis)» (R.Pinto, La pittura napoletana. Storia delle opere e dei maestri dall’età antica ai giorni nostri, Napoli, 1998). L’artista, dotato di una personalità eclettica, così come riferisce il Paladini che in “Notizie storiche sulla città di Tropea” (Catania, 1930) lo definisce «intendente di poesia, di architettura, di scultura», si dimostra un osservatore attento a tutte le correnti, ma rivolgerà la sua arte soprattutto verso esempi di chiara matrice giordanesca, soprattutto per ciò che concerne la resa coloristica. Attraverso la medesima fonte si apprende che il pittore era in possesso del manoscritto dell’Abate Francesco Sergio “Chronologia collectanea sive Chronicorum de Civitate Tropea eiusque territorio”, opera sulla storia della città suddivisa in tre libri e preceduta da epigrammi, odi in latino e una serie di sonetti, due dei quali scritti proprio dal Grimaldi, autore anche del disegno del frontespizio.
La produzione pittorica
Nel 1713 viene ordinato sacerdote, posizione che favorirà una lunga serie di committenze per la chiesa: inizia così la sua trentennale attività al servizio per lo più della Diocesi di Tropea, ma anche di ordini religiosi e patrizi locali, questi ultimi desiderosi di adornare gli altari, spesso di patronato familiare. La sua prima opera documentata é la “Crocifissione” realizzata nel 1716 per la chiesa Michelizia di Tropea, ma i suoi lavori più importanti risultano essere i cicli pittorici realizzati per decorare le chiese tropeane: la chiesa del Gesù, dove è presente nel 1731 e per cui realizza il ciclo sui Santi della Compagnia di Gesù e, fra l’altro, l’“Adorazione dei Pastori”; posta in controfacciata, a cavallo del portone d’ingresso; la chiesa dei Minimi con le tele su San Francesco da Paola e la Cattedrale dove, nella cappella dedicata alla santa, fatta erigere ex novo dal Vescovo Gennaro Gugliemini a partire dal 1732, realizza il ciclo sul Martirio di Santa Domenica, completato dal nipote Salvatore, suo allievo, per sopraggiunta morte del pittore avvenuta nel 1748. Da menzionare, inoltre, la serie sui Vangeli dell’Infanzia, realizzata per la confraternita dei falegnami, e le quattro tele raffiguranti gli Evangelisti eseguiti per i Padri Francescani Conventuali, risalenti all’agosto del 1733 e attualmente conservati presso il Museo Diocesano di Tropea nella sala conferenze intitolata proprio all’artista settecentesco. All’interno di questo stesso spazio sono allestite altre due opere: “L’Immacolata” e “L’Assunta”. In particolare la più interessante risulta essere la prima, proveniente dalla cappella del seminario vescovile, che rappresenta la figura della Vergine, dal manto azzurro intenso, coi canonici attributi dell’iconografia gesuita: la mezza luna ed il serpente, simbolo del peccato, sotto i piedi, ed in testa l’aureola formata da dodici stelle; tutt’intorno una gloria di puttini. L’opera, a prescindere da questioni relative alla fonte precisa cui il pittore dovette ispirarsi, nell’oro scintillante della parte superiore, nel vibrare leggero dei colori e dello scorrere della luce sui panneggi, rappresenta l’esempio, nella produzione del tropeano, che meglio ne testimonia l’opera di diffusore del giordanismo sulla costa tirrenica della Calabria. Ma è la già citata “Adorazione dei Pastori” ad essere considerata dai più come il suo capolavoro e costituisce la tappa privilegiata dello studio sulla sua pittura: emerge infatti chiaramente in essa l’influenza della scuola napoletana con la Madonna e il bambino al centro di una scena in cui ruderi antichi sono calati all’interno di un suggestivo paesaggio bucolico.