“La vocazione di padre Mottola fu la sua ragion d’esser: per tutta la sua vita non ebbe crisi d’identità, ma avvertì solo il tormento di non essere sufficientemente santo”
Mons. Aurelio Sorrentino
Una vita consacrata a Dio
Nato a Tropea il 3 gennaio 1901 da Antonio Mottola e Concettina Braghò, Francesco, bambino inquieto, ma di animo delicato e altruista, viene educato in un ambiente familiare molto religioso, che si rivela propizio per la sua precoce vocazione al sacerdozio. Per questo motivo a 10 anni entra al Seminario diocesano di Tropea, dove compie gli studi ginnasiali, dimostrandosi un ragazzino intelligente, vivace, allegro, ma anche ipercritico e orgoglioso, amante della poesia e delle nobili tradizioni calabresi. A 12 anni subisce la perdita della madre, cosa che segna la sua infanzia di profonda tristezza, ma che lo porta ad aprirsi al mistero del dolore e alla sua accettazione. Nel 1917 è al Seminario Regionale Pio X di Catanzaro, dove con alcuni compagni costituisce un centro di fraternità e di studio, il Cenacolo, i cui ideali trovano espressione in un foglio manoscritto di rivoluzione cristiana: Fiamma Bruzia. Nel 1920 Mons. Pujia tiene presso il Seminario una conferenza dal titolo “La Calabria cristiana nel suo ieri, nel suo oggi, nel suo domani”, in cui descrive la santità della regione e la grandezza del Clero del passato, denunciandone la decadenza, ma confidando in un suo luminoso futuro: le sue parole sono di così grande ispirazione che Francesco e i suoi compagni decidono di fondare il Circolo di Cultura Calabrese Carmelo Pujia, con l’obiettivo di alimentare l’amore per la propria terra attraverso lo studio della storia e con l’impegno sociale, per favorire il riscatto e la crescita del popolo calabrese. Nel 1922 il Servo di Dio viene colpito da un altro grave lutto, la morte per tubercolosi del fratello Gaetano appena ventenne. L’episodio può ritenersi cruciale per Francesco, che, nonostante le insistenze della famiglia di abbandonare il suo proposito di divenire prete per intraprendere la vita matrimoniale, si dichiara sempre più convinto della sua scelta.
Il ritorno a Tropea e il sacerdozio
Dopo aver ricevuto gli Ordini minori, trascorre, a causa della sua salute malferma, l’ultimo anno di studi in famiglia a Tropea, nella cui Cattedrale viene ordinato diacono il 25 dicembre 1923 e presbitero il 5 aprile 1924 dal vescovo Felice Cribellati. Il suo stato d’animo colmo di gioia traspare dalle sue annotazioni, in cui è evidente la sua totale consacrazione a Gesù Cristo e il suo desiderio di amarlo in senso assoluto e con tutta la sua anima. Comincia così il suo viaggio sacro, il suo apostolato della carità ispirato alla dottrina del Vangelo e delle beatitudini, che lo guideranno a quell’apertura ai bisogni dei più poveri e alla soluzione dell’ineguaglianza tra le classi sociali. Egli unificherà lo spirito contemplativo e quello dell’azione in favore di tutti quegli emarginati, “li nuju di lu mundu”, che affollavano in quel tempo i tuguri tropeani e che divennero la sua famiglia: fa visita, aiuta e conforta anziani ed ammalati anche con l’ausilio dei giovani del Circolo Cattolico studentesco “Francesco Acri” da lui stesso creato nel 1924, il cui obiettivo non era solamente la propaganda della cultura cattolica e il miglioramento intellettuale e morale dei propri iscritti, ma anche l’attuazione di istituzioni benefiche a favore delle classi più disagiate. A riprova di come il suo ministero fosse al servizio di tutti i ceti senza alcuna distinzione, dal 1924 al 1929 svolge la funzione di Padre spirituale della Congrega dei Nobili, della quale faceva parte anche la famiglia Mottola, celebrando sistematicamente nel piccolo oratorio della confraternita e formando i suoi membri attraverso conferenze e ritiri. Sempre nel 1924 viene nominato segretario della nascente Giunta diocesana di Azione Cattolica, all’interno della quale ricoprirà importanti incarichi svolgendo un ruolo di primo piano nell’animazione diocesana, regionale e nazionale del movimento.
La Famiglia Oblata e la Casa della Carità
Nel 1923 diviene insegnante di materie letterarie presso il Seminario diocesano di Tropea, vivendo il suo compito come parte della sua missione sacerdotale e diventandone Rettore nel 1929. Nel 1930 nascono i Sacerdoti Oblati, sacerdoti diocesani che si fondono in unità con il proprio vescovo con il voto di ubbidienza e castità e la promessa di povertà. Nel 1933 è la volta delle Oblate del Sacro Cuore, giovani vergini che continuano a vivere nella società, prima fra tutte la signorina Irma Scrugli, animate di carità operosa verso i più sofferenti che affollano i tuguri tropeani, in seguito accolti ne La Casa della Carità sorta nel 1936. Nel corso degli anni saranno molte le Case costruite per anziani, orfani, disabili, grazie ai risparmi delle Oblate, frutto delle loro “mendicazioni”, e alle offerte di molti benefattori. Infine nel 1935 crea il gruppo degli Oblati Laici, uomini celibi o sposati che vivono l’ideale evangelico secondo il proprio stato e promuovono iniziative di preghiera e d’impegno politico-sociale. Nel 1933 fonda la rivista Parva Favilla, mensile del Seminario tropeano diffuso in tutta la Calabria, volto alla crescita spirituale e alla formazione culturale dei suoi lettori. Nel 1942 viene colpito da un’emiparesi e perde l’uso della parola, una condizione che però non gli impedirà di continuare il suo lavoro instancabile di guida della famiglia oblata, di confessore e direttore spirituale di migliaia di anime fino al momento della morte, avvenuta il 29 giugno 1969.
L’Anno Mottoliano e la beatificazione
Nel 2019, in occasione del 50° anniversario della sua scomparsa, il Vescovo Luigi Renzo indice l’anno giubilare mottoliano, durante il quale tantissimi sono i fedeli e i pellegrini che giungono a Tropea per visitare la tomba del Venerabile, posta ai piedi del Crocifisso all’interno della Concattedrale. Il 2 ottobre dello stesso anno Papa Francesco autorizza la promulgazione del decreto relativo al miracolo attribuito alla sua intercessione, e il 10 ottobre 2021 il Servo di Dio è finalmente proclamato Beato per la gioia dell’intera comunità diocesana.